1606: il Consiglio di Credenza ordina di far festa solenne per San Valentino

Capitolo del duomo di Terni Sperelli
Il Duomo di Terni e la piazza in un affresco della sala della Diocesi

Nel 1606 il corpo di San Valentino era venerato ancora nel duomo di Terni. Il 15 gennaio di quello stesso anno, approssimandosi il giorno della festività del santo, il consiglio di Credenza di Terni decise  che essa si solennizzasse con maggior pompa e stabilì che “per autorità della presente Credenza”, i priori e reggitori della città “debbiano intimare alli consoli dell’arte”, che la viglia e la mattina della festa si recassero in duomo, così come facevano in occasione della festività di Sant’Anastasio, compatrono della città. I santi patroni, non solo a Terni, erano allora più d’uno e per Terni si trattava di Sant’Anastasio, San Valentino e San Procolo.

Sant’Anastasio

Il fatto era che fino ad allora le celebrazioni più solenni erano state riservate a Sant’Anastasio. Il consiglio di Credenza decise allora di equiparare i due santi patroni – ritenuti principali rispetto a San Procolo – almeno nella solennità delle celebrazioni. Per questo, quindi, si decise d’autorità che rappresentanti della municipalità andassero nella chiesa dell’Assunta – il duomo – a recare omaggio alle reliquie di San Valentino che solo successivamente furono traslate nella basilica a lui dedicata.

Con l’esortazione a “farli quella oblatione delle cere che gli avanzano secondo la pietà e la devotione di ciascheduno di loro”. In più i priori  dovevano esortare i “massari di Miranda e della Roccha a esequire qualche segno di devotione verso il detto santo” invitando “il populo di quelli castelli a celebrare una festività”, cosi come dovevano fare le confraternite, “le quali anche esse processionalmente vadino con quelle oblazioni che li parerà ad honorare il santo”.

Infine considerato che “li s.ri Priori soglono andare con l’aste e le torcie secondo che costumano fare il giorno dell’assumpta e di s. Anastasio così anco in questa solennità, debbiano portare simile quantità di cera ed offerirla a essere consumata in honore di detto santo”.

Ciò stabilito, si decise di darsi dare per ottenere dal papa un’indulgenza plenaria per tutto il periodo della festa che durava diversi giorni. Il vescovo veniva a sua volta invitato a far sì che i membri del clero fossero chiamati a dire messa “sopra il corpo” di San Valentino e che avrebbero dovuto intervenire “qùelli più sacerdoti che potranno senza incomodo delle loro chiese”. Ciò doveva avvenire da lì in avanti, anche negli anni seguenti ed anche “in quella chiesa dove sarà collocato il corpo di esso santo, et che l’istessi signori Priori preghino mons. Vescovo se non sarà impedito d’infermità che il detto giorno voglia degnarsi celebrare la messa et vespero Pontificale con farne ragionamento  in lode di esso santo”.

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