Alarico Silvestri, il garibaldino di Amelia morto per la libertà della Grecia

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La battaglia di Domokos in cui Silvestri perse la vita

Storia e Memoria

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di SERGIO BELLEZZA

Amante della libertà e della fratellanza tra i popoli, Alarico Silvestri, si legge sulla lapide affissa sul comune di Amelia, “[…] sacrificò la fiorente giovinezza/ e affetti, gioie, speranze della vita […]” immolandosi tra le file garibaldine, nel 1897 a Domokos, a difesa della Grecia minacciata dall’imperialismo turco. Lo stesso era nato nella “città del Germanico” il 7 ottobre 1874 da Pacifico, originario di Bevagna, e da Lodovica Colonna.

Volenteroso e studioso, mostrò presto “una speciale predilezione per le scienze matematiche” e un certo interesse per la musica e il teatro, che lo portò a partecipare al “concerto cittadino” e alle rappresentazioni teatrali della locale filodrammatica. Fautore della “nazione armata” si cimentò con ottimi risultati nel Tiro a segno, tanto da risultare tra i migliori tiratori dell’Umbria.

Conseguita nel 1891 la licenza della scuola tecnica, si trasferiva a Roma, ospite della
sorella Fosca, dove ottenne quella della sezione fisico-matematica; nel ‘94 si iscrisse alla Sapienza alla facoltà di Matematica. “Serio, composto e taciturno” intanto coltivava privatamente la propria passione per gli studi di sociologia e frequentava le
lezioni di Antonio Labriola sul materialismo storico. Naturale l’impegno politico nel partito socialista, animato com’era da senso di giustizia e dovere sociale, da voglia di libertà e spirito garibaldino. Nel 1897 scoppiava l’insurrezione a Creta e Alarico Silvestri aderiva subito al Comitato Pro Candia, diretto da Ricciotti Garibaldi.
Insieme ai volontari provenienti da tutt’Italia, da Brindisi raggiungeva Atene, per essere incorporato nel 1° battaglione garibaldino, comandato da Mereu, che il 25 aprile, su richiesta del comando militare greco, si spostava verso l’Epiro.
Coll’amerino altri tre Umbri: il perugino Peppino Evangelisti, trombettiere del corpo,
il col. Bianchini Riccardi e il sottotenente della 3.a compagnia, Ulisse Listanti, detto
“Gesucristillu”
per il suo aspetto gracile e minuto. Mancò però nell’occasione il battesimo del fuoco; con l’esercito greco ormai in ritirata, i volontari italiani ricevettero l’ordine di Ricciotti Garibaldi, comandante la spedizione, di ripiegare su Domokos, dove si stavano concentrando gli altri garibaldini. Lo raggiunsero nella sera del 15 maggio, ridotti ormai a non più di 200 uomini, stremati dalla lunga marcia sotto una pioggia battente, con alcuni addirittura senza scarpe. Tra loro anche Amilcare Cipriani, l’eroe della Comune di Parigi.

Aggregato alla 4.a compagnia, il 1° battaglione di trovò presto al centro dei combattimenti. Saliti su un colle, dovettero sopportare un fuoco intensissimo, che cominciò a fare le prime vittime, tra cui Antonio Fratti, il forlivese depositario del testamento di Guglielmo Oberdan. Come raccontato da un testimone oculare “[…] Il terzo ad essere colpito fu Alarico Silvestri […] Una palla lo colpiva al collo […] caricato su mezzi di fortuna, morì all’ospedale di Lamia il 17 maggio 1897. Di lì i superstiti del battaglione lo portarono al luogo d’imbarco […] I garibaldini, davanti alle dame della Croce Rossa e a un reparto di marinai greci gli rendevano l’onore delle armi […] ”.

A ricordarlo i libri di storia e quel busto, opera dello scultore Ettore Ferrari.

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