A San Martino niente convento: il Comune di Terni non paga

Il Comune di Terni non manteneva l’impegno. Eppure erano passati quattro anni da quando, nel 1583, i frati Carmelitani Scalzi avevano avuto assicurazione: sì,l’appezzamento di terreno che essi chiedevano per costruire il convento a fianco della chiesa di San Martino, l’avrebbe pagato il Comune. I soldi che il Vescovo chiedeva per cederlo ai frati (sa’ c’era sopra un casaletto che assicurava una certa rendita alla Diocesi) non costituivano un problema. E così i Carmelitani Scalzi avrebbero potuto lasciare il convento della Romita, così fuori mano! Lì a San Martino si sarebbero insediati a poca distanza dalle mura cittadine in luogo che i pellegrini avrebbero trovato di facile accessibilità.

Nel giugno del 1583⇒, quando ebbero avuto la rassicurazione dal Comune, se ne erano tornati alla Romita tutti giulivi. Ma alla fine di giugno 1587 erano passati quattro anni da allora. E il vescovo quel terreno non lo cedeva. Perché ancora non aveva visto nemmeno uno scudo. Il Comune non onorava l’impegno. “Siamo sommersi da debiti accumulati per colpa dei tributi che dobbiamo versare al governo del papa”, si giustificò il Magistrato civico, un po’ il sindaco di allora. Le casse erano asciutte. Ma siccome la fede è fede ma gli interessi della diocesi sono pure legati al vil denaro, per la costruzione del convento annesso alla chiesa di San Martino c’erano un po’ troppe difficoltà, col vescovo che continuava a ripetere “Vedere cammello…”.

Terni convento san martino
Il convento di San Martino

Pensa che ti ripensa, i frati una situazione la trovarono per rimediare i soldi. E il 4 luglio 1587, in piena calura estiva, andarono al Palazzo del Magistrato del Comune. Inutile sollecitare pagamenti quando i soldi non c’erano. Però, dissero in sintesi i frati, ” se i soldi non li cacciate voi, noi li chiederemo al papa”. Un sussidio avrebbero richiesto, ma il governo del papa – pur nella sua munificienza – doveva far quadrare in qualche modo i conti e comunque ci voleva una mediazione che sarebbe stata portata avanti – propnevano i Padre Carmelitani –  dal Generale del loro Ordine, cardinale Sodano e dall’avvocato col Comune i quali si sarebbero spartiti i compiti: il cardinale avrebbe intenerito Sua Santità; Il Comune, si sarebbe dovuto impegnare a versare un dazio da aggiungersi ai tributi che già pagava. Della serie: è sempre l’ortolano quello che ci rimette.

Com’è finita? I particolari non si conoscono, fattostà che il convento a San Martino c’è stato fino a non molti anni fa.

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